La primavera non è ancora iniziata e già sembra sia successo di tutto sui mercati finanziari in questo 2022.
Siamo partiti con una visione “non ottimista” per il 2022. Abbiamo visto e commentato un gennaio molto deludente, con vendite generalizzate a partire dal 5 gennaio e un primo affondo il giorno 24 gennaio.
La paura sulla restrizione della politica monetaria dovuta all’inflazione era l’argomento dominante, la FED e Powell i protagonisti.
Il 14 o 15 febbraio, Biden ci avvisava che l’esercito russo avrebbe invaso l’Ucraina. In molti hanno fatto spallucce, Putin prendeva in giro la CIA chiedendo a che ora sarebbe accaduto. Serpeggiava un vago sospetto che Putin stesse aspettando la fine delle Olimpiadi, per non fare un torto agli amici cinesi.
Fra anti-imperialisti c’è sempre molta fratellanza contro quei brutti figuri degli americani.
E puntualmente, il 24 febbraio, l’invasione è cominciata e, esattamente un mese dopo il 24 gennaio, la borsa faceva un altro tonfo, tuttora il minimo relativo.
Da quel momento, mentre prendevamo coscienza che la storia aveva voltato pagina e il mondo era cambiato, l’attenzione si spostava di colpo dall’inflazione alla geopolitica.
Prima la pandemia, ora l’inflazione, poi anche la guerra: una bella sequenza da nuovi anni venti. Le conseguenze sui mercati sono state evidenti, anche se per ora non drammatiche.
Vediamo un po’ più in profondità che cosa è avvenuto ai tecnologici, che hanno avuto la caduta più brutale. Secondo il Financial Times, poco meno di due terzi dei 3000 titoli del Nasdaq Composite sono scesi di almeno il 25% dai massimi relativi a 52 settimane. Quasi il 43% ha perso più della metà del proprio valore. Un quinto dei titoli è crollato di oltre il 75%. Si tratta della peggiore performance del Nasdaq dalla grande crisi del 2008: la perdita di capitalizzazione è stata superiore ai 5 trilioni di dollari dal picco di novembre. In dollari, la perdita è stata superiore a quella dell’intero periodo 2000-2002 di crollo delle dot-com: come se Apple, Microsoft e Meta (Facebook) venissero cancellate in un colpo solo. Le Big Tech, con l’eccezione marcata di Meta, hanno però sostanzialmente resistito allo sfacelo, riuscendo a mascherare la distruzione di ricchezza avvenuta sulla massa dei tecnologici e sovraperformando il Nasdaq.
Per la prima volta da dicembre del 2008, i gestori di fondi che vengono intervistati da Bank of America, hanno dichiarato di essere ora sottopesati sui tecnologici. Del resto la prospettiva di aumento dei tassi tende a far naturalmente venir meno l’interesse sui tecnologici, specie quelli più ricchi di promesse e più poveri di profitti.
Come sempre quando si comincia a parlare di inflazione, i prezzi delle materie prime esplodono. E poi in clima di guerra e per la particolare situazione che viviamo, salgono ancora di più, almeno per il momento.
La Cina, nel frattempo, ne approfitta per fare pulizia (finanziaria) in casa, almeno secondo alcuni media occidentali che commentano a 20mila km di distanza. Gli investitori scappano dalla Cina…..che sale del 15% negli ultimi 2 giorni.
Nel marasma emozionale, proviamo a metter giù un paio di cose oggettive:
- La guerra coinvolge un paese ricco di petrolio e gas e un altro prevalentemente agricolo, ma che nell’insieme del mondo contano per il 2/3%. Certo sta causando dei problemi, soprattutto nella “lungimirante” Europa, ma, insomma….
- La Russia, per quanto in grado di “terminare il mondo”, non sembra star facendo un gran figura militare: che possano invadere Polonia, Paesi Baltici, Finlandia e Svezia sembra un po’ immaginifico.
- A fronte di un settore tecnologico (soprattutto USA) ancora sopravvalutato, ve ne sono tanti altri con valutazioni che non si vedevano da tempo. Cina sopra tutti, un paese che sta indubbiamente vincendo la propria guerra volta a conquistare il mondo non con le armi, come Putin, ma commercialmente e finanziariamente.
- Che in momenti di crisi energetica il settore delle rinnovabili e energie alternative perda più di tutti gli altri è una offesa alla logica. Il cambio di rotta potrebbe essere repentino.
- Non si parla più di COVID.
Qui mi fermo con le profezie. Ce ne sono che annunciano la fine del mondo imminente a causa di una guerra nucleare, altre che vedono una carestia prossima ventura, alcuni ipotizzano le targhe alterne (usare meno la macchina farebbe solo bene alla salute).
E arriviamo al fenomeno molto ben conosciuto dagli investitori: quando c’è incertezza, i mercati si agitano. E l’agitazione ci porta verso i profeti, che dispendano certezze. Magari apocalittiche, ma certezze.
Non ci sono certezze sui mercati, altrimenti tutti comprerebbero o venderebbero le stesse cose. Ma sono proprio momenti di incertezza come questo che originano le migliori opportunità di investimento.