JF Kennedy rappresentava, tra le altre cose, l’ottimismo nel futuro, verso la conoscenza e la capacità di migliorarsi. Oggi siamo sicuramente meno ottimisti, probabilmente “arrabbiati” come allora ma, sicuramente, viviamo gli stessi “tempi interessanti”.

Circa trenta anni fa, crolla l’impero sovietico e la Cina entra a pieno titolo nel novero dei paesi capitalisti. Malgrado sia una dittatura, malgrado non abbia libertà di stampa, non abbia sindacati, sia governata da un partito unico chiamato comunista, l’occidente dà il benvenuto alla Cina.

Da quel momento, la società occidentale comincia un cambiamento profondo.

I salari non crescono più. Esplodono gli utili delle imprese e delle multinazionali. Nasce la tecnologia di internet che trasformiamo in bolla speculativa che proprio all’inizio del nuovo millennio esplode, generando la prima crisi finanziaria degli anni 2000.

L’accumulazione di ricchezza, grazie alla sua errata e congenita distribuzione, anche grazie alla imbattibile concorrenza della manodopera cinese, fa sì che la classe media affondi e si crei una casta di ricconi in cima alla piramide. Bill Gates è uno dei primi, ne seguiranno altri.

Oggi, circa 500 individui posseggono la metà della ricchezza globale. I rimanenti 8 miliardi, circa, di individui l’altra metà.

Mentre il denaro affluisce sempre più dove ce ne tanto, il pianeta fa i conti con l’insostenibilità delle politiche energetiche e di tutela dell’ambiente. In Cina, Pechino è avvolta in una nube permanente di smog, che obbliga gli abitanti a indossare quella stessa mascherina che poi abbiamo conosciuto per altre ragioni, a cui la Cina non è certamente estranea.

I ghiacciai si sciolgono e la minaccia di un innalzamento dei mari è una ipotesi le cui conseguenze sarebbero pesanti. Non nevica più nella maggior parte delle stazioni sciistiche, per cui i cannoni sparaneve sono diventati risorsa essenziale per mantenere il turismo allo stesso livello. Poi ci ha pensato il virus a renderli, temporaneamente speriamo, inutili.

Il clima impazzisce un po’ ovunque. Alcuni negano sia importante e riescono perfino ad eleggere un Presidente degli Stati Uniti che la pensa come loro.

Dopo 8 anni dalla prima crisi finanziaria del millennio, nel 2008 entriamo nella seconda. Molto più dura, non settoriale ma globale. Il riverbero della crisi arriva all’Europa nel triennio successivo, dove alcuni Paesi deboli, fra cui l’Italia, riescono a mettere in crisi l’Euro, che viene salvato (una prima volta?) da Mario Draghi.

La crisi del 2008-2009 ha conseguenze devastanti negli anni a venire e fa nascere una nuova epoca.

L’immissione di liquidità nel sistema diventa esasperato. Bisogna salvare il mondo da una bomba atomica finanziaria. I tassi si azzerano, rapidamente, il denaro fluisce nel sistema bancario e arriva alle borse che risorgono. La circolazione monetaria resta costante e non genera inflazione. Se inflazione c’è, è nei prezzi delle borse, ma lì, lo sappiamo, tutto è discutibile.

Nel pieno della crisi finanziaria, nasce il Bitcoin. Prima guardato con sospetto, poi gestibile tramite future, ora, offerto tranquillamente al pubblico che però continua a non capire di che cosa si parli. Il Bitcoin esplode perché il grande afflusso di denaro non ha controparti sufficienti da comprare. Semplicemente non esistono. L’economia reale è ferma, non si può vivere solo di digitale. E allora il denaro affluisce dove può andare e va anche sul Bitcoin. Poi arriva Elon Musk che ne compra un miliardo e mezzo di dollari, e annuncia di accettarlo come mezzo di pagamento per le sue Tesla.

E il Bitcoin sale come un missile. Si fermerà? Certo, come le borse, un giorno o l’altro.

La robotica industriale fa passi da gigante. Le automobili e i camion cominciano a guidarsi da soli, anzi in tanti competono per la guida automatica senza autista.

Milioni di autisti nel mondo potrebbero trovarsi senza lavoro. Così come milioni di operari continuano ad essere estromessi dalle fabbriche dell’occidente, che producono in Cina o robotizzano i processi.

Arriva l’auto elettrica. E nei prossimi cinque anni la rivoluzione sulle strade di tutto il mondo sarà epocale. Due euro circa per un pieno di energia, per fare centinaia di chilometri. Meccanici terrorizzati: la macchina elettrica riduce i costi di manutenzione in modo drammatico.

Il prezzo del petrolio, in epoca pandemica, impazzisce. E così, le imprese petrolifere di tutto il mondo hanno bilanci in sofferenza. Scopriamo che perfino Exxon e Chevron perdono soldi. Scopriamo che molte imprese del settore stanno per scomparire o sono già scomparse. Pensiamo ad una Eni che fra 15 anni non esista più o sia drasticamente ridimensionata, altro che Alitalia…

La Green Economy avanza, o dovrebbe. Anche perché senza Green Economy, l’auto elettrica non decollerà. E non risolveremo il problema della sostenibilità e se il pianeta non è più vivibile, abbiamo finito di discutere di sviluppo.

L’epoca iniziata nel 2008, terminerà nel 2024-2025. La coda di quella grande crisi finanziaria del 2008, è ancora qui. Il terribile biennio 2020-2021 nel quale ci troviamo è l’inizio dell’ultimo quinquennio di questa fase storica. Nel 2025, l’auto elettrica che compreremo (se la compreremo perché ci saranno forme di noleggio/abbonamenti molto più convenienti che tenere una macchina ferma in strada per il 90% del tempo) si guiderà da sola. La robotizzazione avrà raggiunto anche le nostre case. Le industrie petrolifere che non avranno saputo convertirsi saranno in crisi grave. Il turismo vivrà una esplosione se la paura del Coronavirus passerà sul serio, ma non è mica detto che passi così.

Tutto intorno a noi cambia e il grande, anzi l’enorme rischio è rimanerne fuori. Il cambiamento travolge. Il cambiamento impone l’adattamento.

In tutto questo l’Italia sembra vivere in un mondo irreale. Di fronte al quadro di cui sopra, sentiamo i politici discutere di quota 100, reddito di cittadinanza, immigrazione.

Non di politica industriale, di sviluppo serio di infrastrutture. Ci aspettiamo anzi che i posti di lavoro li crei il reddito di cittadinanza con i centri per l’impiego, anziché le imprese (??). Di razionalizzazione della burocrazia non si parla, in uno Stato che fagocita il 60% della ricchezza nazionale. Nulla di finanziamento serio all’istruzione, alla ricerca, all’università, per offrire ai giovani prospettive certe che non li inducano a cercare futuro all’estero. Nulla di riforma seria della magistratura in direzione della vera terzietà del giudice, tramite una dignitosa separazione delle carriere per finirla di vedere giudici e pubblici ministeri prendere il caffè insieme.

Ci salveremo?

Certo che sì! Ma queste dinamiche porteranno cambiamenti.

Alcuni punti messi lì senza un particolare ordine:

  • L’Italia si salverà ma solo grazie al “commissariamento” europeo. Da soli non abbiamo grandi speranze.
  • Gli USA rimarranno potenza egemone per ancora molti anni, tallonata dalla Cina ma sempre in testa. Se le menti migliori del mondo, cinesi inclusi, continuano a migrare negli USA, ci sarà una ragione.
  • La UE sarà lì, nel mezzo. Posto meraviglioso per vivere ma burocratico per lavorare: in pratica il mercato ideale per i prodotti tecnologici USA e quelli a buon mercato Cinesi. Come adesso ma di più. Ci sono comunque posti peggiori per vivere.
  • La nuova dottrina economica ci dice che anche un afflusso gigantesco di denaro non causa inflazione. Qualche premio Nobel ci spiegherà nei prossimi anni perché mai, ma per adesso è così.
  • Tanto debito e tassi bassi indicano chiaramente come sia opportuno stare fuori dal mercato obbligazionario.
  • Tanti soldi concentrati nelle parti più ricche della popolazione manterranno i consumi elevati, soprattutto nelle loro componenti più “premium”.
  • Le economie si convertiranno (qualche paese rimarrà indietro) e le borse continueranno a correre.