Lunedì usciremo finalmente di casa e, fatte quelle cose che in questi due mesi ci sono state precluse, come uscire in bicicletta, qualcuno comincerà a preoccuparsi di quello che si rivelerà probabilmente il VERO problema del 2020, ovvero la crisi economica conseguente alla chiusura delle economie.
Tre mesi di stop globale delle economie non si era mai vai vista in tempi moderni e gli effetti non saranno leggeri, soprattutto per quei paesi arrivati all’emergenza già deboli economicamente e che hanno aggravato questa debolezza con un lockdown probabilmente troppo rigido e lungo. Tra questi l’Italia, che già prima della crisi aveva un debito pubblico pari al 135% del PIL. A spanne, il debito italiano sarà attorno al 165% a fine anno, una percentuale molto pericolosa per un paese che non cresce da anni.
Come ci si arriva a questa cifra? Quasi tutte le stime puntano ad una riduzione del Prodotto Interno Lordo 2020 del 10%, le varie spese erogate contano per un ulteriore 10%, come circa del 10% del PIL saranno gli aiuti Europei, che non saranno a fondo perduto.
Anche gli altri paesi vedranno un aumento del debito, ma meno dell’Italia e, soprattutto, partendo da livelli significativamente più bassi.
Occorrerà gestire questo stock di debito e pare che nessuno si stia preparando. In stile tipicamente italico si evita anche di pensarci sperando in qualche miracolo.
Dai tempi dell’invenzione della matematica, il debito di uno Stato si riduce in tre modi:
- Trovando una anima pia che si assuma i nostri debiti.
- Aumentando il Prodotto Interno Lordo (PIL).
- Aumentando le tasse.
Il primo punto, quello dell’elemosina, è al centro del dibattito politico e sociale in Italia e chiede che Germania e Olanda si facciamo carico del nostro debito. Difficile. Chi, nei loro panni, regalerebbe soldi al Paese che, ogni due anni salva Alitalia, introduce Quota 100 e Reddito di Cittadinanza.
Non succederà, nonostante il malanimo italiano (tra l’altro, offendere quei paesi a cui chiediamo elemosine non mi sembra la strategia più efficace, ma tant’è), ma ci potrebbe essere un modo alternativo di ridurre il debito. Se la Banca Centrale Europea si trovasse in bilancio il 10% di titoli di stato di ogni singolo paese dell’Unione, potrebbe poi decidere di rinunciare al rimborso di una quota uguale per ogni paese. Assieme alla cancellazione del 10% di debito italiano, cancellerebbe anche il 10% dei Bund tedeschi. Tedeschi, Olandesi e Austriaci sarebbero solo un po’ più ricchi, ma a noi consentirebbe di mantenere la linea di galleggiamento.
Il punto 2 significherebbe un nuovo miracolo economico italiano ma, a differenza del dopoguerra, l’italiano medio più che al lavoro punta ad andare in pensione o al reddito di cittadinanza.
Rimangono quindi le tradizionali armi dell’aumento delle tasse e della PATRIMONIALE.
A inizio aprile il gruppo del Partito Democratico (Pd) alla Camera ha avanzato l’idea di un contributo di solidarietà (simile al prelievo forzoso deciso nel 1992 del governo Amato) a carico dei redditi più elevati, per il 2020 e il 2021. Secondo le stime il gettito previsto sarebbe di circa 1,3 miliardi di euro annui. Cosa accadrebbe ai risparmi degli italiani se il governo decidesse di introdurre una nuova tassa sul patrimonio, c’è il rischio che si arrivi a un altro intervento retroattivo?
L’Italia ha nel suo Dna la Patrimoniale e un secolo di storia parla chiaro:
- La prima proposta di tassa sul patrimonio arrivò nel 1919 con il governo Nitti. L’idea si poggiava sul progetto studiato dall’allora onorevole Meda che aveva ipotizzato un’imposta proporzionale dell’1 per mille sui patrimoni superiori alle 10 mila lire.
- Nel 1926 fu la volta del prestito del Littorio, misura del governo Mussolini. La manovra prevedeva la trasformazione forzosa di 15 miliardi di debito pubblico a breve/medio termine in un debito a lungo termine.
- Negli anni 1936, 1937 e 1938arrivò la patrimoniale sugli immobili (3,5%), sul capitale delle Spa (10%) e sul capitale delle aziende in forma non azionaria (7,5%). Il gettito delle ultime due si esaurì negli anni della guerra, mentre l’imposta immobiliare si protrasse fino al suo riscatto (1951-1952).
- Nel 1940fu la volta di una nuova patrimoniale che colpì esclusivamente persone fisiche, società, associazioni e ogni altro ente purché di valore superiore alle 10 mila lire, con un’aliquota proporzionale dello 0,5%.
- 11 luglio 1992, il Governo Amato,deliberò retroattivamente un prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti bancari degli italiani. Sotto attacco speculativo, l’obiettivo era evitare che la Lira uscisse dal Sistema Monetario Europeo (Sme). Amato voleva trovare in tempi rapidi una soluzione a una crisi finanziaria che, secondo il suo governo, non era risolvibile attraverso interventi di politica monetaria. L’ipotesi di una svalutazione della lira fu inizialmente accantonata perché l’Italia aveva, già allora, un debito pubblico troppo elevato e un ulteriore indebolimento della divisa avrebbe aggravato lo stato delle finanze pubbliche. Il prelievo forzoso portò nelle casse dello Stato circa 100 mila miliardi di lire. Questo, tuttavia, non scongiurò il peggio: il 16 settembre 1992, infatti, la lira fu costretta ad uscire dal Sistema monetario europeo a causa di una forte speculazione finanziaria.
- Dopo il prelievo forzoso del 1992, che segnò particolarmente la storia italiana, nel 1996 ci fu l’Eurotassa lanciata dal governo Prodi. Obiettivo era quello di ridurre il disavanzo dello Stato dello 0,6%, per consentire il rispetto dei parametri di Maastricht ai conti pubblici italiani, permettendo l’ingresso dell’Italia nell’area euro. Si è dunque dato vita a un’addizionale sulle imposte sul reddito delle persone fisiche che si basava su cinque aliquote progressive (dallo 0% al 3,5%).
- Nel 2011 Decreto Salva Italia e introduzione dell’Imu sulla prima casa.
- E infine nel 2014 toccò ai pensionati. Fu infatti istituito un contributo di solidarietà dal 6 all’8% per le pensioni superiori ai 91 mila euro.
La rivista We Wealth, sentito alcuni esperti del settore, ha analizzato il possibile impatto di una nuova patrimoniale. Dal parcheggio dei risparmi sul conto corrente, al patrimonio investito in titoli di stato o fondi d’investimento, dalle polizze alle cassette di sicurezza, fino ai soldi in giacenza presso un conto estero o all’ipotesi opposta: quella di un soggetto fiscalmente residente all’estero che ha un conto corrente in Italia.
- Patrimonio allocato in liquidità. In questo caso c’è ben poco da fare. Se ci sarà una patrimoniale stile “prelievo forzoso” del 1992, i soldi verranno prelevati nella percentuale decisa dall’esecutivo.
- Cittadino italiano con soldi in un conto corrente all’estero. Lo scambio di informazioni e la trasmissione dei dati tra le Amministrazione Fiscali dei diversi paesi garantisce un regime di piena trasparenza a livello internazionale, il prelievo, forzoso o meno, potrà essere effettuato senza problemi dallo Stato italiano.
- Patrimonio investito in titoli di Stato, azioni, obbligazioni o fondi d’investimento. Nel caso si dovesse dare il via a un prelievo forzoso come quello avvenuto nel 1992 le somme investite in Btp, azioni, obbligazioni societarie o altri strumenti finanziari, come i fondi comuni saranno escluse dall’imposta. Se invece l’eventuale nuova tassazione andrà a colpire la ricchezza finanziaria (ad esempio intervenendo sull’imposta di bollo, che oggi vale il 2 per mille delle somme investite sul deposito) gli strumenti finanziari saranno coinvolti e si dovrà pagare la percentuale richiesta.
- Patrimonio conservato in una cassetta di sicurezza. In questo caso, il denaro non sarà coinvolto dall’imposta patrimoniale. L’unico modo per ottenere una tassazione da questa ricchezza è che il titolare dichiari spontaneamente il contenuto. In caso contrario, si dovrebbe ordinare un’apertura forzosa di tutte le cassette di sicurezza. Misura assai improbabile. Tenere beni finanziari dentro alle cassette di sicurezza comporta però tanti altri problemi.
- Polizza vita. L’imposta patrimoniale non dovrebbe toccare questi strumenti. Infatti le polizze vita, se ben costruite, hanno una natura previdenziale. In questa logica, dovrebbe prevalere la necessità di tutelare le suddette finalità previdenziali del cittadino che ha sottoscritto la copertura assicurativa.
- Investitore fiscalmente residente all’estero ma con conto corrente o un deposito titoli in Italia. In questo caso se il governo italiano dovesse decidere di imporre un’imposta patrimoniale, di qualsiasi natura, il suddetto cittadino estero non sarà colpito. Le imposte infatti sono esclusivamente di competenza nazionale. Resta fermo che si deve essere fiscalmente residenti all’estero e non solo di facciata.
In conclusione, comunque, al momento ci sono solo voci e tante ipotesi. Stando a quanto si sente in giro: una nuova patrimoniale dovrebbe avere caratteristiche diverse rispetto al prelievo forzoso, per evitare di colpire indistintamente anche le fasce più deboli della popolazione.
E non dimentichiamo che in Italia ci sono già diverse tasse sul patrimonio, il Bollo Monti sulle giacenze di conto corrente egli investimenti finanziari, l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (Ivie), quella sul valore dei prodotti finanziari detenuti all’estero (Ivafe) tramite intermediario non residente (praticamente un Bollo Monti estero).
Sopra: Rimini esce dalla grande crisi petrolifera degli anni ’70.